Siamo stati noi soli ad aver dato nascita a noi stessi tramite il nostro primo respiro. Nonostante la lunga dipendenza del piccolo essere umano dagli altri per la sua sopravvivenza, egli ha dato a se stesso la vita per venire al mondo, e se l’è data da solo. Sebbene sia stato concepito da due e cominci la sua esistenza nel corpo di un’altra, è lui che, da solo, ha deciso di venire nell’universo dei viventi.
Tale volontà di vivere, all’inizio, agisce naturalmente, indipendentemente dall’intervento della nostra coscienza. Sfortunatamente, la nostra educazione non ci ha insegnato il modo di coltivarla a livello cosciente. Al contrario, ci viene insegnato a reprimerla con il preteso di doverci adattare alle norme che si presume siano necessarie a un’esistenza comune, ma che non si curano molto del nostro sviluppo in quanto essere viventi.
Se il piccolo essere umano riesce a venire al mondo respirando da sé, una cultura del respiro è ciò che può abilitarlo a passare costantemente dallo stadio vitale a quello spirituale della sua esistenza.
Diventare se stesso è un impegno complesso per un essere umano. A una pianta accade naturalmente, se l’ambiente è adeguato. Per un essere umano davvero le cose sono più complesse. Perché il suo mettere radici non è così semplice. Indubbiamente il suo programma genetico gli è dato sin dall’origine, ma non il modo di incarnarlo. Tuttavia come coltivare l’essere vivente che ogni umano è?
Il proprio sviluppo richiede che ciascuno faccia costantemente ritorno alla propria origine per portare a compimento sempre il meglio di sé.
Diventare se stessi richiede tanto eroismo quanto nascere, e necessita anche di far ricorso al nostro respiro per emergere dalla famiglia e dal contesto socio-culturale che, troppo spesso, si sostituiscono alla placenta materna in cui abbiamo cominciato a vivere. Si tratta di conquistare di Nuovo la nostra esistenza.
(Luce Irigaray, Nascere)
Essere-nel-mondo significa esercitare delle influenze soprattutto al di fuori della propria casa, del proprio habitat, della propria nicchia. Abitiamo sempre la totalità del mondo, che è sempre infestato dagli altri.
Chiameremo atmosfera questa mescolanza radicale che fa coesistere ogni cosa in un medesimo luogo, senza sacrificare forme né sostanze. Ci avvolge e ci penetra, ma ne siamo a malapena coscienti. Non è uno spazio, è un corpo sottile, è questo il fluido che ci fa pensare, ci fa vivere e amare.
L’atmosfera è il nostro primo mondo, l’ambiente in cui siamo integralmente immersi, la sfera del respiro, essa è il medium assoluto attraverso il quale il mondo si dà e noi ci diamo al mondo. Si è al mondo sempre in modo “atmosferico”, perché il mondo esiste sempre come atmosfera.
Allora ecco che il respiro acquista una sua centralità: il respiro è qualcosa di più che aria in movimento, è bagliore, svelamento, medio di rivelazione. Anche gli organi del nostro corpo non sono semplicemente giustapposti, né materialmente liquefatti gli uni negli altri. Se costituiscono un corpo è perché condividono lo stesso respiro. Il respiro è l’arte della mescolanza.
Se il mondo è unificato da un respiro comune e universale è perché il respiro è l’essenza originaria di ciò che i Greci chiamavano Logos, Linguaggio o Ragione. È dunque il Logos a produrre la mescolanza universale. Il respiro è il vero Logos del mondo, la sua parola, il suo linguaggio, l’organo della sua rivelazione. Ogni respiro è l’evidenza del fatto che l’essere-nel-mondo è una esperienza di immersione.
(Emanuele Coccia, Vita delle piante. Metafisica della mescolanza)
Come l’anima nostra, che
è aria, ci sostiene, così il soffio e l’aria circondano il mondo
intero.
Anassimene
di Mileto