
INCERTEZZA: vivere la post-modernità
Viviamo nella società globale, certo, ce ne siamo accorti e ne siamo consapevoli. Simbolo della età globale, dove l'interdipendenza tra tutti i paesi del mondo a livello economico e culturale, diventa anche interdipendenza tra le persone, connesse e visibili.
Il villaggio globale che McLuhan, sociologo canadese, teorizza negli anni Settanta è sempre più una realtà sperimentata quotidianamente. Ha il suo simbolo più pregnante nella rete.
La società europea e non solo è profondamente cambiata nel giro di trent'anni. Alcuni sociologi fanno nascere l'era globale con la caduta del muro di Berlino, data storica e significativa che segna il tramonto della modernità e dei suoi miti.
Il senso di fiducia nel progresso ha lasciato il posto al sospetto che la condizione dell'uomo potrebbe peggiorare nel futuro e che le scelte economiche e politiche di oggi preparino un mondo peggiore ai nostri figli.
Il mito di una razionalità scientifica capace di svelarci i misteri della natura lascia spazio al dubbio che la potenza tecnologica e la manipolazione della natura metta a rischio le nostre vite
I chiari confini dello stato-nazione che ci identificava come cittadini appartenenti ad una comunità si sono liquefatti (per usare una espressione di Bauman) e le nostre identità sociali sono diventate incerte in un mondo sempre più multiculturale. Ecco...INCERTEZZA é quella situazione inespressa che pervade le nostre giornate, forse anche le nostre vite. Allora non resta che placare le inquietudini ripiegando sulle piccole faccende quotidiane, le chiacchiere, gli acquisti, in un cinico “consumo, dunque sono”.
Le denunce di Marcuse sono così attuali: viviamo “una confortevole levigata, ragionevole, democratica non-libertà” .
Alziamo muri difensivi fatti di indifferenza o peggio fatti di letture semplificate della realtà, che ci rassicurano, che ci danno l'impressione di aver capito e di poter controllare la situazione.
Spesso dico ai miei studenti che dovranno davvero essere più bravi di noi adulti, che dovranno fare meglio di così, perché non credo che questo sia “il migliore dei mondi possibili”, se non altro non lo è per più di due terzi dell'umanità.
Mi auguro davvero che possano cogliere le sfide che la post-modernità gli propone ed esserne all'altezza.
L'uomo ha saputo anche in passato inventare e reinventare il proprio essere-nel-mondo e attivare le sue dalle risorse.
L'incertezza può diventare occasione per inventare cose nuove e non ripetere meccanicamente e stancamente il passato. Le situazioni liquide e indefinite possono essere occasione per l'esercizio del pensiero creativo.
Ma sapremo indicare la strada ai nostri figli? Sapranno essi fuggire dalla tentazione del pessimismo ad oltranza e riportare “la fantasia” al timone della vita personale e politica?
Credo che possiamo almeno non anestetizzare le loro (e le nostre) inquietudini, le loro (e le nostre) domande, perché solo una coscienza inquieta è capace di pensare il nuovo, di cogliere, come dice Jankelevitch “la grazia occasionale dell'imprevisto”.